La Commissione europea ha presentato nei giorni scorsi un pacchetto di proposte per “semplificare e rafforzare la filiera agroalimentare alimentare”. Tra le misure ce ne è una che prevede la semplificazione della registrazione dei semi. Cosa vuol dire? Vuol dire che da bene comune, patrimonio che si tramanda di generazione in generazione, i semi diverrebbero un bene di esclusiva priorità di chi lo ha registrato e per utilizzarlo saremmo costretti a riconoscere a queste società i diritti di utilizzo.
Per i Verdi al Parlamento europeo la proposta rappresenta un grave pericolo la biodiversità del nostro continente mettendo di fatto nelle mani dell’industria chimica e agrolimentare la biodiversità agricola
“La nuova proposta di regolamento sui semi, presentato dalla Commissione europea, è controproducente e pericolosa – ha sottolineato José Bové, vice presidente della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale del Parlamento europeo -. Molti scienziati e le agenzie delle Nazioni Unite, come la FAO lanciano l’allarme. La biodiversità è in pericolo. Le multinazionali hanno concentrato i loro sforzi sulla creazione di colture ad alto rendimento, colture che però si sono rivelate fragili in grado di sopravvivere solo in un’ambiente “artificiale” fortemente dipendente da fertilizzanti chimici e pesticidi. Questa proposta – prosegue Bosè –priverebbe gli agricoltori del diritto di seminare i propri semi, e limiterebbe fino a sopprimerla, l’ attività delle associazioni che si dedicano alla tutela della biodiversità vegetale. La Commissione europea vuole cancellare con un tratto di penna 10mila anni di storia agricola, minacciando così l’incredibile numero di varietà vegetali oggi disponibili grazie al lavoro di selezione di oltre 400 generazioni di donne e uomini. La biodiversità vegetale – ha concluso Bovè – può essere mantenuta solo creando le condizioni per un vero partenariato tra reti di agricoltori e agronomi che non considerano le piante come semplice serbatoio di Dna, ma come esseri viventi che si evolvono nel tempo adattandosi alle nuove condizioni che incontrano. Sono convinto che il destino della biodiversità e del cibo del futuro non possono essere lasciati ai capricci di aziende che hanno nel loro orizzonte solo l’utile netto d’esercizio”
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