”Dobbiamo prenderci cura del lombrico, che è l’architetto della terra: la smuove, la ossigena, la rende viva”. In vino veritas, a fare l’elogio del lombrico è un uomo simbolo dell’enologia italiana, Angelo Gaja, dell’omonima azienda vitivinicola. In occasione dei suoi 80 anni domenica scorsa il Corriere della Sera, con Aldo Cazzullo, gli ha dedicato un’intervista a piena pagina.
La casa vinicola, fondata nel 1859, oggi è alla quarta generazione, nel corso degli anni ha costruito la sua identità puntando sulla qualità dei suoi vini e per la cura dei vigneti. Oggi esporta l’85% della produzione in 102 paesi. Tra i suoi 160 dipendenti ci sono due entomologi che passano in rassegna quotidianamente i filari alla ricerca di nuovi arrivi tra gli insetti e di possibili minacce da contrastare con antagonisti biologici.
Non sorprende che tanta sensibilità abbia portato il patron di Gaja a tessere un vero e proprio elogio del lombrico, con un invito perentorio. Chiamato a rispondere sulle conseguenze dei cambiamenti climatici Gaja ha ricordato che “la terra cambia. Ci parla, e dobbiamo cambiare anche noi”. Come? “Dobbiamo prenderci cura del lombrico”, ha risposto.
Il connubio vino lombrico non è nuovo, nel 2016 vi abbiamo dato notizia dei risultati di una ricerca dell’università di Padova pubblicata sulla rivista Plos One, in cui un team guidato dal professor Paoletti scoprì che il prosecco migliore era quello prodotto da uve in cui vivevano colonie di lombrichi, leggete qui
Tra i nostri clienti ci sono molte aziende vitivinicole che da anni usano il nostro Humus Bio. Quelle che vedete in basso sono le foto dei vigneti di Marco Tomei, a Sezze, in provincia di Latina, due anni fa ha messo a dimora barbatelle di Abbuoto, Cesanese e Ottonese “aiutate” con una dose di 20 qli per ettaro del nostro Humus Bio. Questo è il risultato
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