Si fa presto a dire humus di lombrico di qualità. Diversi i fattori che ne influenzano le proprietà chimiche, fisiche e biologiche. Non solo nel corso dell’attività produttiva, ma anche durante lo stoccaggio del prodotto raccolto.
Il lavoro necessario per produrre un humus di lombrico riponendo la massima attenzione sulle proprietà del letame utilizzato; le attenzioni necessarie al processo di fermentazione del letame; l’accortezza nel mantenere la giusta densità di lombrichi per mq evitando di andare oltre il limite che riduce la produttività del singolo lombrico – fenomeno che si verifica quando cominciano a essere troppi in troppo poco spazio – ; e ancora la meticolosità riposta nel rispettare il giusto rapporto tra biomassa di lombrichi e cibo da somministrare, sono tutte buone pratiche allevatoriali che possono essere vanificate se, una volta raccolto l’humus di lombrico, non viene conservato nel giusto modo.
Uno studio del Centre for Pollution Control and Environmental della Pondicherry University, pubblicato sul Journal of Applied Horticulture, ha messo in evidenza come un errato stoccaggio può far perdere all’humus di lombrico, a soli 60 giorni dal raccolto, l’82% della capacità di ritenzione idrica, il 75% del potassio e il 49% dell’azoto, oltre ad abbattere in modo irreversibile l’attività enzimatica e quella microbiologica, due degli elementi che caratterizzano l’impiego dell’humus di lombrico facendolo preferire all’uso del compost e del letame.
Ma in che modo va stoccato l’humus di lombrico per evitare di danneggiarlo e far perdere gran parte delle proprietà chimiche, fisiche e biologiche?
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