Sulla Terra produciamo cibo per 12 miliardi di persone, ma il 40% non raggiunge mai le nostre tavole. Creando effetti negativi a catena, a danno delle persone che soffrono la fame e dell’ambiente sovrautilizzato rispetto ai bisogni effettivi.
Una coalizione di organizzazioni europee della società civile che comprende Slow Food, Friends of the Earth – Amici della Terra, ActionAid, BirdLife International, Biofuelwatch, Compassion in World Farming e l‘Ufficio europeo dell’ambiente (Eeb) ha indirizzato una petizione congiunta ai governi europei e all’Ue nel suo insieme per invitare l’Europa a ridurre il suo ‘land footprint’, l’impronta sullo sfruttamento dei terreni, definita dal consumo annuo di terre necessario per produrre cibo, tessuti, biocarburanti.
Alcuni studi hanno infatti evidenziato che per far fronte al suo fabbisogno di questi prodotti, l’Ue di fatto ”importa” 1.212.050 chilometri quadrati di terreno agricolo, ed estensioni ancora più importanti sono sfruttate per fabbricare carta e altri prodotti ricavati dagli alberi, per estrarre minerali e combustibili fossili. “Il modello di sviluppo classico – sottolinea Piero Sardo, presidente della Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus – ha prodotto conseguenze drammatiche sulla distribuzione delle risorse del pianeta. Un sistema basato sul consumo consistente di proteine animali e su sprechi incontrollati è aberrante e sta esercitando una pressione insostenibile sulle risorse idriche e sui terreni fertili del mondo intero“. ”Sulla Terra oggi si produce cibo per 12 miliardi di persone, ma il 40% di tutto il cibo prodotto diventa rifiuto prima di essersi anche solo avvicinato a qualunque tavola.
Servono interventi rapidi e incisivi, anche a livello comunitario, da parte delle istituzioni, dei cittadini e della società civile”. Slow Food, l’associazione Amici della Terra e le altre organizzazioni sollecitano l’introduzione di un parametro che misuri l’impronta sull’utilizzo dei terreni, accanto a quelli già considerati come principi guida: l’impronta di carbonio, l’impronta idrica e il consumo dei materiali. Misurare e gestire più oculatamente le risorse consentirebbe all’Europa di diventare più efficiente nel contenimento degli sprechi e nella riduzione del costo delle materie prime e permetterebbe di creare nuovi posti di lavoro in industrie attente a un consumo efficiente delle risorse.
In particolare il Tavolo chiede al Governo italiano di sostenere una serie di obiettivi ancora in discussione a Bruxelles, tra cui misure minime per un greening efficace, come l’obbligo delle rotazioni colturali, del mantenimento dei pascoli e delle aree di interesse ecologico, e la riduzione del tetto massimo ai pagamenti aziendali (da 300 a 100.000 euro) in modo da assicurare risorse sufficienti per le piccole aziende multifunzionali, che sono il tessuto predominante e più vitale dell’agricoltura italiana ed europea Ormai è chiaro infatti che le aziende agricole che reggono meglio l’impatto della crisi sono le aziende biologiche e multifunzionali, che realizzano attività innovative con modelli di produzione e consumo basati sulla sostenibilità ambientale, in grado di garantire efficienza economica, equità sociale, tutela e valorizzazione delle risorse naturali e del paesaggio. Invece, fino ad oggi, la maggior parte dei sussidi della Politica Agricola Comune sono stati distribuiti tra gli agricoltori in modo diseguale a favore delle produzioni intensive ad alto impatto ambientale negativo, senza garantire la sostenibilità economica delle imprese e l’occupazione.
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