Pubblicato il 7/5/15 ultimo aggiornamento 5/7/18. © RIPRODUZIONE, ANCHE PARZIALE, CONSENTITA SOLO CITANDO LA FONTE WWW.LOMBRICOLTURABELLAFARNIA.IT
Intestino del mondo per Aristotele e animale più importante sulla terra per Charles Darwin che dedicò loro il suo ultimo saggio. Quelli che a torto in molti si ostinano a chiamare vermi sono in realtà un prodigio della natura. Alcune specie di lombrichi sono in grado di ingerire i nostri scarti organici trasformandoli in vermicompost o humus di lombrico uno dei migliori fertilizzanti naturali, un ammendante ammesso in agricoltura biologica, in grado di migliorare la struttura chimica, biologica e fisica del terreno aumentandone la fertilità. La presenza di lombrichi, infatti, incrementa del 50% la sostanza organica di un terreno e di 1,5 volte di calcio, 2 volte il magnesio, 5 volte l’azoto, 7 volte il fosforo e 11 volte il potassio rispetto alle condizioni di partenza. Ma non tutti i lombrichi sono in grado di raggiungere queste performance.
Di lombrichi infatti ne sono state censite finora 8.300 specie. Tra quelle che vivono nelle zone temperate ve ne sono due in particolare, Eisenia Andrei ed Eisenia Fetida, che per la loro resistenza e prolificità si sono rivelate particolarmente adatte al vermicompostaggio, processo di bio degradazione attraverso cui l’azione combinata di microrganismi e lombrichi riesce a trasformare le proteine degli scarti organici in minerali in grado di nutrire la terra.
Comunemente sono chiamati lombrichi rossi californiani ma sono americani, almeno in via esclusiva, solo di nome. Vivono infatti in tutte le zone temperate del mondo. E allora perché californiani? Perché la lombricoltura moderna è nata da quelle parti, lì sono state condotte le sperimentazioni per capire quali fossero le specie più adatte all’allevamento. Gli Eisenia andrei, pur essendo biologicamente diversi, presentano caratteristiche molto simili agli Eisenia fetida. Entrambi sono in grado di sopravvivere a un intervallo di temperature compreso tra 0 e 35°, ciò li differenzia, ad esempio, dalla Dendrobaena veneta (chiamata anche Eisenia ortensins o European nightcrawler) che, pure avendo un peso medio di gran lunga superiore, circa 0,90 grammi, non regge oltre i 25°C e non sopporta temperature inferiori ai 15°C. Ma non solo la resistenza alle temperature che ne fa le specie più adatte al vermicompostaggio.
Le prime due Eisenia, infatti, hanno un tempo di incubazione compreso tra i 18 e i 26 giorni contro i 42 della Dendrobaena veneta e i 40 giorni di un’altra specie adatta al vermicompostaggio, il Lumbricus rubellus. Il ciclo di vita, dalla nascita alla piena maturazione, è per entrambe, – Andrei e Fetida – compreso tra 41-51 giorni, contro i 100-150 giorni per la Dendrobaena veneta e i 120-170 del Lumbricus rubellus. Ma la variabile che fa dell’ Eisenia andrei la migliore specie, anche rispetto alla Fetida, è il tempo per raggiungere la maturità sessuale. I precoci “Andrei” sono in grado di riprodursi dopo soli 21 giorni di vita, mentre ai Fetida ne occorrono 7 in più.
Come possono essere utilizzati? Da Chi? E perché?
La lombricoltura è un’attività allevatoriale che può essere condotta sia a livello hobbistico che professionale. E’ particolarmente indicata per imprese agricole biologiche e non che vogliono autoprodurre vermicompost (humus) smaltendo i residui organici prodotti dalle loro attività. Famiglie “bio” che intendono allestire una compostiera domestica per riciclare i rifiuti organici e avere a disposizione l’humus per le piante del proprio orto, per quelle del giardino o del terrazzo. Allevatori hobbistici e professionali che vogliono avviare un allevamento per riprodurre lombrichi e produrre vermicompost (humus) e allevatori di avicoli e tartarughe, i lombrichi sono un concentrato di proteine con una bassa percentuale di grassi. Sono inoltre indicati nella pesca sportiva come esca.
Condizioni ideali per l’allevamento
Nella gestione di un allevamento di lombrichi, sia esso hobbistico che professionale, le variabili più importanti da tenere sotto controllo sono l’alimentazione, la temperatura della lettiera, l’umidità, il ph e la densità. I lombrichi si cibano di scarti organici in decomposizione (verdura, frutta, fondi di caffé, gusci di uova triturati), ma nel nostro ordinamento, dal 1 agosto 2015, per produrre humus di lombrico da immettere in commercio si deve utilizzare solo letame, pollina ed effluenti di allevamenti non industriali. I migliori letami sono quelli di origine ovina ed equina, quest’ultimo si fa preferire per la sua più maggiore reperibilità. Occorre fare attenzione al grado fermentazione degli scarti, i prodotti ancora non decomposti rilasciano sostanze che danneggiano i lombrichi, una grande quantità può arrivare a determinarne la fuga o addirittura a ucciderli.
La temperatura minima della lettiera per mantenere i lombrichi in completa attività è attorno ai 10 gradi, 15-20 gradi rappresentano la temperatura ideale per la produzione di vermicompost e 20-25 quella per l’attività riproduttiva. Fino ai 10 gradi rallentano ogni tipo di attività, sotto i 4 cessano di alimentarsi e riprodursi, ma è del tutto fuorviante affermare che vadano in letargo. Se, dopo essere scesa sotto i 4 gradi, la temperatura della lettiera anche solo dopo risale a 10 gradi i lombrichi riprendono la loro regolare attività. Fermo restando che resistono in vita anche a temperature molto più basse, in questo caso però cessano ogni tipo di attività. La temperatura massima della lettiera tollerata è di 35 gradi. L’umidità deve essere mantenuta tra l’80% e l’85%, il peso medio dei lombrichi cresce al crescere del grado di umidità della lettiera. Il pH deve essere rientrare nell’intervallo compreso tra 5 e 9, con una preferenza per i valori subacidi.
Pubblicato il 7/5/2015 ultimo aggiornamento 5/7/18 © RIPRODUZIONE, ANCHE PARZIALE, CONSENTITA SOLO CITANDO LA FONTE WWW.LOMBRICOLTURABELLAFARNIA.IT
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